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Chlamydia – Pecorum Ovine abortion
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  • Aprile 28, 2022

Chlamydia – Pecorum Ovine abortion

I batteri del genere Chlamydia sono di centrale importanza in medicina veterinaria, e le specie che più frequentemente colpiscono i ruminanti sono C. abortus e C. pecorum, più sporadiche C. psittaci e C. suis.
Nei ruminanti la clamidiosi è associata soprattutto ad aborto ed infezione intestinale subclinica, ma può essere anche causa di congiuntivite, enterite, mastite, nonché patologie sistemiche, come poliartrite ed encefalomielite.
C. abortus è uno dei più importanti agenti abortigeni della specie ovina in tutto il mondo escluse Australia e Nuova Zelanda, agente causale dell’aborto enzootico ovino; essa determina aborto tardivo, natimortalità, nascita di agnelli deboli, che spesso vanno incontro a morte nelle prime 48 ore di vita. Poco noto invece è invece il ruolo patogeno di C. pecorum, batterio diffuso globalmente, potenziale causa di aborto ovino.
Nel 2020 Westermann e colleghi hanno descritto un focolaio abortivo in un allevamento australiano, che coinvolse 3 pecore alla prima gestazione (tra i 12 e i 14 mesi di età) che abortirono tra il 112° ed il 126° giorno di gestazione; nel gregge inoltre si osservò aumento della natimortalità, associata talvolta a distocia e prolasso dell’utero, e riduzione del numero di agnelli svezzati dalle primipare rispetto alle pluripare.
L’iter diagnostico ha compreso autopsia dei tre feti con esteso campionamento istologico, immunoistochimica, esame colturale, PCR e sequenziamento.
La lesione principale era a carico della placenta; i cotiledoni erano di colore rosso scuro-brunastro con essudato brunastro; nelle regioni intercotiledonari erano presenti aree multifocali di ispessimento rossastro con essudato disomogeneamente distribuito.
All’esame istologico l’epitelio trofoblastico di cotiledoni ed aree intercotiledonari appariva estesamente necrotico, mentre nei trofoblasti residui si potevano evidenziare corpi inclusi intracitoplasmatici, acido-resistenti, circolari, tipici di Chlamydia spp; nello stroma dei villi e nell’interstizio erano presenti emorragie ed edema, con lieve infiltrazione di fibrina, neutrofili e macrofagi, e multifocale vasculite con necrosi fibrinoide della parete e trombosi vascolare.
A livello cerebrale era presente gliosi multifocale, con occasionali noduli gliali, manicotti perivascolari e infiltrati similari leptomeningiali. In un soggetto era presente pielonefrite necrotizzante.
L’esame immunoistochimico, condotto con l’uso di un anticorpo monoclonale per il lipopolisaccaride di Chlamydia, è risultato positivo in molti campioni derivanti dalle membrane fetali e dagli altri tessuti fetali in 2/3 feti. Sempre con IHC sono stati esclusi altri agenti abortigeni come Toxoplasma gondii ed altri.
La coltura batterica non ha dato esito positivo, neanche dopo utilizzo di terreni selettivi per Campylobacter o Salmonella, due dei principali batteri abortigeni nella pecora.
Molti tessuti di tutti e tre i feti sono risultati positivi alla qPCR per Chlamydia spp, ed in seguito a PCR specifica per C. pecorum, mentre non è stato rinvenuto DNA di C.abortus, Leptospira spp., C. burnetii. Successivamente è stata eseguita una MLST (Multilocus Sequence Typing) dalle membrane fetali, che ha identificato il genotipo ST23 di C. pecorum in tutti e tre i feti.
Questo genotipo è stato precedentemente associato a differenti stati patologici, come poliartrite e congiuntivite negli ovini e polioencefalomielite sporadica nei vitelli.
Il meccanismo patogenetico dell’aborto da Chlamydia è ancora sconosciuto, probabilmente multifattoriale con intervento di fattori diretti e indiretti, come danno placentare diretto (che provoca difetto negli scambi di materno-fetali di ossigeno e nutrienti ed alterazione delle funzioni endocrine placentari), infezione fetale con conseguente risposta immunitaria, e vasculite trombotica.
In conclusione lo studio conferma il ruolo abortigeno di C. pecorum, descrivendo lesioni placentari simili a quelle indotte da C.abortus (diffusa e grave placentite necrotico-suppurativa e vasculite nella porzione corioallantoidea, prevalentemente intercotiledonare) e per la prima volta descrive la pielonefrite fetale associata a questo patogeno.
(Thomas Westermann et al, Chlamydia pecorum–Associated Sporadic Ovine Abortion Veterinary Pathology 1-9)

NOTE DI REDAZIONE:
L’esame della placenta è talora più importante dell’esame del feto abortito
Necrosi (prevalentemente) intercotiledonare -> cause batteriche (Chlamydia, Coxiella, Brucella)
Necrosi (prevalentemente) cotiledonare -> cause protozoarie (Toxoplasma)

NE PARLEREMO AL MASTER CON LA PROFESSORESSA VALENTINA BUSIN (UNIVERSITA’ DI GLASGOW)

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  • admin
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  • Aprile 28, 2022

Coccidiosi – I fattori di rischio

La coccidiosi rappresenta uno dei maggiori problemi dell’allevamento caprino a livello mondiale, causando perdite economiche, legate soprattutto allo scarso incremento ponderale, ai costi per i trattamenti e alla morte dei capretti. Le specie più patogene e più frequenti sono Eimeria arloingi e Eimeria ninakohlyakimovae. In generale la patologia può riguardare capre di ogni età, e si manifesta con diarrea da lieve ad emorragica, con perdita di peso, disidratazione, ritardo nella crescita e morte dei capretti gravemente infestati.
La patogenicità di Eimeria spp. è legata alla sua capacità replicativa nelle cellule endoteliali prima (prima divisione merogonica) e negli enterociti poi, con l’induzione in quest’ultima sede di erosioni di diversa gravità.
Molti fattori possono influenzare il decorso della coccidiosi, in particolare giovane età, stress intercorrenti, competenza del sistema immunitario, densità animale o numerosità del gregge, ed altri parametri legati alla gestione del gregge ed alle condizioni climatiche.
Per cercare ulteriori fattori predisponenti, Silva e colleghi (2020) hanno svolto uno studio nella regione di Alentejo (Portogallo), nella quale la maggior parte degli allevamenti è di tipo estensivo e semi-estensivo; sono state valutate 37 greggi di almeno 20 capi, con una numerosità di almeno 10 soggetti (5 adulti e 5 capretti di età inferiore a 5 mesi), dai quali è stato determinato il faecal score e quantificate e identificate le oocisti, sia in totale che specificamente di E. arloingi e E. ninakohlyakimovae.
All’allevatore è stato posto un questionario sulla gestione dell’allevamento, con quesiti riguardanti il numero di capre in toto, il numero dei capi giovani e degli adulti, luogo delle nascite, l’area totale dell’azienda, tipo di management, attitudine, stagione di campionamento, trattamenti antielmintici o anticoccidici, numero e tempo di trattamento per anno e l’anamnesi remota di coccidiosi della stalla. Tramite un sistema informatico geografico sono state localizzate le aziende e sono stati documentati diversi fattori geografici, come pendenza, esposizione, altitudine, terreno, temperatura media annua e precipitazioni.
Con opportuno approccio statistico sono stati messi in relazione gli indici fecali con diversi fattori di rischio, in particolare luogo delle nascite (esterno o indoor), tipo di allevamento (estensivo, semi-estensivo, intensivo), stagione di campionamento, età dell’animale, numero degli animali totali dell’allevamento, numero di capretti, numero di madri, densità animale, esposizione, pendenza, altitudine, terreno (caratteristiche della superficie, se arabile, se prato permanente, aree agricole, boschive e semi naturali, temperatura media annua e precipitazioni).
In un secondo passaggio sono stati considerati i fattori considerati più importanti, quali età e luogo di nascita, e messi in relazione con numero totale degli animali, per stabilire una possibile relazione.
Tutti i campioni esaminati sono risultati positivi a Eimeria, dimostrando la sua ubiquità nella specie caprina; solo due allevamenti eseguivano un programma di metafilassi (diclazuril (Vecoxan®, Elanco a due settimane di vita), ma la carica di oocisti per grammo di feci non era inferiore alle altre aziende, evidenziando come il controllo della coccidiosi non può essere basato solo su trattamenti profilattici e metafilattici, ma anche su una corretta gestione ambientale.
In generale l’età è emersa come il più importante fattore intrinseco di rischio; i giovani infatti sono maggiormente affetti e più facilmente vanno incontro a forme cliniche, mentre queste sono rare negli adulti che sono più resistenti alla reinfezione pur continuando ad eliminare oocisti, essendo l’immunità sviluppata non completamente protettiva.
In questo studio, contrariamente a quanto riportato in letteratura, né il tipo di management (intensivo, semi-intensivo o estensivo) né la densità degli animali o la stagione di campionamento sono risultati essere fattori di rischio, mentre si è rivelato critico il numero totale di animali
Il luogo per le nascite invece si è dimostrato un fattore di rischio importante, ma solo per E. ninakohlyakimovae: i capretti che nascevano in stalle all’esterno, soprattutto in contesti di sovraffollamento, potevano soffrire le cattive condizioni igienico-ambientali e mostravano tassi di eliminazione delle oocisti maggiori.
Per prevenire le perdite economiche causate da questa patologia è importante instaurare piani di controllo adeguati e esami diagnostici accurati, soprattutto in quelle aziende con un’anamnesi di alta morbidità e mortalità.
(L.M.R. Silva, et al. Analysis of potential risk factors of caprine coccidiosis. Veterinary Parasitology: Regional Studies and Reports 22 (2020) 100458) https://doi.org/10.1016/j.vprsr.2020.100458

NOTE DI REDAZIONE
Eimeria arloingii -> enterite da acuta con edema intestinale e diarrea acquosa, a cronica con lesioni polipoidi e placche
Eimeria ninakohlyakimovae -> tiflocolite con edema e emorragie focali
I protozoi possono permanere a lungo nelle lesioni proliferative anche in assenza di sintomatologia clinica.

NE PARLEREMO AL MASTER CON LA PROFESSORESSA FABRIZIA VERONESI (UNIVERSITA’ DI PERUGIA)

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  • Marzo 6, 2022

Finalmente si riparte!

Dopo tre anni dalla prima edizione, pausa in parte coincidente con l’emergenza sanitaria COIVD19, riparte presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Perugia, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “Togo Rosati” , il master di II livello in “Gestione Sanitaria e Produttiva dell’Allevamento Ovino e Caprino”. La formula è confermata rispetto alla prima edizione, ed è caratterizzata da una alternanza bilanciata tra informazioni teoriche e attività pratiche, le prime fornite dai docenti dell’ateneo perugino (UniPG) così come di altri atenei italiani (UniSS, UniNA, UniMI, UniCAM, UniBA, UniTO, UniPD, UniTE) con uno sguardo internazionale vista la partecipazione di colleghi di università straniere e diplomati ECSRHM (European College of Small Ruminant Health Management) italiani e stranieri; al tempo stesso le attività avranno una forte connotazione pratica-applicativa grazie alla partecipazione di colleghi degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (a partire dal partner IZSUM fino ad altri Istituti del territorio nazionale), di rappresentanti delle istituzioni (ASL, ISS e Ministeri competenti) e di liberi professionisti. Il corso sarà articolato in lezioni teoriche svolte in modalità mista, sia in presenza che on-line, attività pratiche di laboratorio e visite in diverse aziende che saranno rappresentative delle diverse realtà zootecniche e produttive del comparto Ovino e Caprino. Al collegio dei docenti afferiscono membri di tutte le discipline coinvolte a diverso titolo nel progetto formativo, dalle discipline di base, alle produzioni animali fino alle materie cliniche, garantendo così una visione multidisciplinare degli argomenti trattati; molte lezioni saranno svolte in collaborazione tra docenti e colleghi liberi professionisti, così da assicurare un proficuo confronto tra diverse modalità di approcciarsi alla tematica in oggetto. Il percorso di svolgerà con brevi periodi (3-4 giorni) in presenza a cadenza mensile a partire da giugno (la programmazione dettagliata delle lezioni sarà disponibile a breve) e lezioni on-line nel periodo compreso le lezioni in presenza. Alla fine del percorso è previsto uno stage pratico presso una struttura a scelta dello studente e la discussione di un elaborato finale.

Nella foto i partecipanti alla I edizione del Master in occasione della discussione finale: da sinistra Paolo Berardi, Matteo Orsi, Maria Luisa Marenzoni (docente), Gianmarco Betti, Silvia Mattiacci, Tatiana Sbaragli, Elisabetta De Angelis, Fabrizia Veronesi (docente), Salvatore Muscia, Maria Teresa Mandara (docente), Elvio Lepri (docente), Lakamy Sylla (docente), Massimo Trabalza Marinucci (docente), Fabrizio Ruece (docente), Giuseppe Cuttone, Oriana Raffaele, Fabrizio Passamonti (docente), Martina De Angeli.

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